DRONE, UN VIGNAIOLO CON LE ELICHE. TERZA E ULTIMA PARTE

Ago 29, 2018

La legatura dei capi a frutto è appena terminata in questa annata fenologicamente molto anticipata.

In alternativa i più moderni legacci di varia natura (pvc, metallo, ecc.) la legatura su piccoli appezzamenti può essere ancora realizzata con materiali e tecniche tradizionali quali i “salci”, certamente un lavoro più lungo e dalle connotazioni rustiche, ma ecologicamente sostenibile e con un fascino antico.

Principali finalità vecchie e nuovissime dell’uso dei droni

I droni possono essere utilizzati tradizionalmente per i seguenti obiettivi:

  • Monitoraggio dello stato idrico della coltura finalizzato all’ottimizzazione degli interventi irrigui;
  • Monitoraggio dello stato nutrizionale della coltura finalizzato all’ottimizzazione degli interventi di fertilizzazione al suolo e concimazione fogliare;
  • Monitoraggio dello stato di sviluppo vegetativo finalizzato all’ottimizzazione della distribuzione degli agrofarmaci;
  • Rilievo di danni da avversità atmosferiche come grandine e stress termico;
  • Monitoraggio dello stato di maturazione delle uve per grandi appezzamenti vitati finalizzato alla programmazione delle vendemmie differenziate, ma con risultati ancora purtroppo poco convincenti soprattutto per le uve a bacca bianca;
  • Previsioni di raccolta con stima delle produzioni attese, ma con errori di stima ancora non inferiori al 10% che ne limitano l’utilità;
  • Monitoraggio dello stato sanitario del vigneto, in particolare per quanto riguarda le piante affette da malattie del legno (Mal dell’Esca), giallumi (Flavescenza dorata) e la virosi dell’accartocciamento fogliare della vite (grapevine leafroll disease).

Se dal punto di vista viticolo l’uso dei droni è consolidato nell’ambito del monitoraggio dei parametri utili all’applicazione delle tecniche di agricoltura di precisione, in altri ambiti colturali esistono già delle utilizzazioni ancora più specifiche come ad esempio  la distribuzione in campo di uova di Trichogramma brassicae, un imenotteoro parassitoide della piralide del mais.

Una novità recente riguarda l’uso dei droni per i trattamenti liquidi nei vigneti. Infatti, questo stesso anno la società svizzera AgroFly metterà in commercio un suo drone, già presentato ad ottobre 2017, destinato alla distribuzione dei trattamenti antiparassitari nei vigneti caratterizzati da forte pendenza, gli stessi sui quali che qualche tempo fa erano utilizzati per lo stesso scopo gli elicotteri, ora vietati.

A detta della stessa AgroFly, questi dispositivi sono da considerarsi delle vere e proprie soluzioni tecnologiche per i trattamenti di alta precisione in cui il drone è semplicemente il mezzo di trasporto. Per quanto riguarda le sue caratteristiche, per quello che ne sappiamo trattasi di un drone con sei braccia munite di altrettante eliche (un esacottero) avente un diametro di 2 metri ed una capacità di carico della miscela antiparassitaria pari a 15,5 litri totali. La miscela potrà essere distribuita per mezzo di quattro ugelli montati alle estremità di altrettante asticelle, con tanto di pompa da 8 bar, dispositivo antigoccia e filtro.

La precisione delle modalità di pilotaggio e di programmazione del volo sono le medesime dei comuni droni che montano sensori, ma i voli sono compiuti a bassa quota, indicativamente a circa 1,5 metri sopra la vegetazione, con un effetto deriva ridottissimo in virtù della distribuzione che è proiettata direttamente sulle foglie e del flusso d’aria dei rotori che è dall’alto verso il basso.

Alla velocità operativa di volo pari a 12 km/h, il drone è in grado di completare in 45 minuti il trattamento di un ettaro di vigneto se il consumo è limitato a 100 litri d’acqua per ettaro trattato.

Con un prezzo di vendita stimato in 45.000 euro, questo resterà in ogni caso un oggetto innovativo ed utile solo per vigneti in forte pendenza e per viticoltura di alto reddito (Valais in Svizzera; Alsazia, Beaujolais e Côte-Rôtie in Francia, ecc.).

Conclusioni

Un drone non fa primavera, ma d’altro canto neppure una rondine la fa. Tuttavia non possiamo nascondere un moderato ottimismo verso le innovazioni tecnologiche che profumano di futuro perché la viticoltura è vecchia quanto l’uomo e come l’uomo subisce inevitabilmente due forze uguali e contrapposte: la forza della tradizione, che spesso fa rifiutare l’innovazione per diffidenza verso il nuovo che avanza e la forza del nuovo a tutti i costi che spesso fa perdere di vista la solidità delle conquiste del passato.

Da parte nostra ci vuole senz’altro un giusto equilibrio per non barricarsi dietro una viticoltura tradizionalista amante della preistoria che mitizza il passato dove solo la natura dettava le regole del gioco oppure per non lanciarsi in una fiducia cieca e senza filtri in tutto ciò che è nuovo come un modo per dare un calcio alle acquisizioni del passato, buttando via spesso il bambino insieme con l’acqua sporca.

Il senso della viticoltura di precisione è vecchio quanto la viticoltura stessa, ovvero quello di fare in modo che in vigna le cose vadano bene.

E a questo proposito chiudiamo con una frase che viene dal futuro, anzi dalla famosa serie cartoon intitolata “Futurama” che recita così: “Quando le cose vanno per bene, nessuno sospetterà che tu abbia fatto realmente qualcosa”. E questa è forse la profonda speranza del buon viticoltore rispettoso della sua attività di custode dell’agrosistema vigneto.