Vi proponiamo la prima parte di un nostro articolo uscito nel numero 1/2018 del Magazine Millevigne.
Le mappe di prescrizione sono la viticoltura di precisione?
Se non c’è la mappa di prescrizione non è viticoltura di precisione. Nossignori, qui c’è un equivoco.
La viticoltura di precisione si definisce tale sulla base dei risultati, non delle tecnologie applicate.
Per dirla in altri termini, nel caso di in vigneto che sia in omogeneo equilibrio e mostri una soddisfacente espressione vegeto-produttiva siamo di fronte agli effetti dell’applicazione viticoltura di precisione, indipendentemente dalla presenza o assenza anche totale di tecnologie di mappatura, quindi droni, e altre diavolerie volanti o meno.
Per essere ancora più crudi, quello che faceva mio nonno contadino (ma è solo un esempio, in realtà mio nonno faceva il carpentiere) andando su e giù per i suoi amati filari dove le piante erano tutte molto simili perché conosciute una per una e trattate ciascuna per le sue esigenze, beh quella era viticoltura di precisione. E se mio nonno avesse avuto le eliche, riprendendo il concetto con cui terminammo l’articolo precedente dedicato ai robot, mio nonno dicevo si sarebbe chiamato Drone e non Vincenzo.
Le tecnologie arrivano là dove l’uomo non riesce per mancanza di tempo e di capacità operativa. Le mappe di prescrizione sono da intendersi quindi come un supporto necessario in mancanza del tempo e delle capacità operativa necessarie al monitoraggio puntuale di vigneti molto estesi.
La loro utilità resta legata alla tecnologia di rilievo applicata, vale a dire alle tipologie e alle qualità tecnologiche dei sensori di cui i famosi droni sono il mezzo di trasporto, mezzo che in ogni caso può esaltare o limitarne il potenziale dettaglio.
L’agricoltura di precisione resta quindi per il momento ancora fortemente connotata dalla produzione delle mappe di prescrizione per mezzo dei droni, anche se non più in maniera esclusiva come vedremo nei paragrafi che seguono.
I droni ed i sensori
I droni, altrimenti detti APR (aeromobili a pilotaggio remoto) in ambito agricolo sono definiti micro o mini UAS (unmanned aircraft systems, ovvero sistemi aerei senza equipaggio, radiocomandati da un pilota che rimane a terra) e sono in grado di sostenere un carico che va da 100 grammi fino a 30 kg, con una quota massima raggiungibile di 300 metri dal suolo.
In realtà l’attuale normativa ENAC in vigore (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), consente agli APR di volare al massimo fino ad un’altezza di 150 metri, in un raggio di 500 metri dal pilota, sempre che ci si trovi al di fuori dello spazio aereo controllato posto in corrispondenza di uno o più aerodromi (spazio detto CTR) e al di fuori di corridoi di atterraggio/decollo e, salvo autorizzazioni speciali, solo in aree non critiche ad almeno 150 metri da aree congestionate ovvero da abitazioni, strade, ferrovie etc.
I droni sono in grado si svolgere in totale autonomia missioni di rilevazione in volo attraverso una programmazione via software che ne stabilisce il percorso e la cadenza delle immagini riprese durante il volo
Esistono due tipologie principali di droni: quelli di tipo multirotore da 4 ad 8 rotori o eliche e quelli ad ala fissa (vedi immagini), con caratteristiche differenti in merito alla tipologia di volo espressa quindi alla vocazione per rilievi di qualità diversa, entrambi con peso variabile tra i 2 ed i 10 kg.