Finalmente qualcosa di nuovo nell’aria: le convergenze agronomiche tra il mondo dei tecnici innovatori ed il mondo accademico
Il giorno 25 gennaio presso la sede CREA Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia di Arezzo abbiamo partecipato al workshop organizzato per la presentazione dei risultati del “Progetto VELTHA: vite e vino eccellenza del territorio, dell’habitus e dell’ambiente”.
Il progetto, il cui responsabile è il Dott. Paolo Storchi del CREA – e vede la collaborazione tra l’Università di Firenze ed il CREA – si svolge nell’ambito del PIF 43/2015 Bolgheri e la costa toscana: territori promotori di eccellenze vitivinicole, innovazioni tecnologiche, salvaguardia ambientale e valorizzazione territoriale. Il tutto nella splendida e suggestiva cornice dei vigneti della nota Ornellaia.
La nostra impressione è stata quella di trovare finalmente delle ampie convergenze d’intenti e di vision agronomica tra quanto sperimentato e documentato dai ricercatori in questo progetto ed il nostro personale approccio agronomico indirizzato alla sostenibilità e ad una visione olistica del sistema vigneto.
Le relazioni svolte hanno visto dapprima Daniele Sarri dell’Università di Firenze trattare delle tecniche di viticoltura di precisione per il monitoraggio delle operazioni di difesa antiparassitaria e per la gestione del suolo. Molto interessanti soprattutto i dati relativi alle tecniche di recupero dei trattamenti antiparassitari e ai risultati relativi alla compattazione dei suoli gestiti con le diverse tecniche di inerbimento e lavorazioni o combinazioni delle due.
Sergio Puccioni del CREA ha poi mostrato i risultati relativi alla ricerca sull’incremento della sostenibilità nelle produzioni vitivinicole di eccellenza, particolarmente focalizzati sulla difesa basata sull’integrazione tra i classici fungicidi biologici e svariate linee di prodotti fogliari comunemente descritti come “induttori di resistenza”. Notevole la conferma dell’efficacia della difesa “alleggerita”, ma soprattutto l’evidenza di un valore aggiunto importante legato all’uso di questa classe di prodotti, valore aggiunto ancora purtroppo raramente percepito dai viticoltori. Uno su tutti il netto vantaggio delle piante trattate con gli induttori di resistenza nei confronti degli stress ambientali, in particolare evidenziato sia dal superiore contenuto in clorofilla delle foglie sia dalla produttività maggiore. Questo conferma un migliore stato di salute delle piante a parità di condizioni estremamente stressanti dovute alla siccità ed alle elevate temperature estive.
Infine, Linda Salvi dell’Università di Firenze ha descritto i risultati ottenuti nella linea di ricerca relativa alle pratiche di gestione sostenibile dell’interfilare a tutela della qualità in viticoltura. Anche in questo caso le pratiche del sovescio e della pacciamatura, da noi stessi da tempo raccomandate, sono foriere di miglioramento dello stato di salute delle piante in condizioni ambientali difficili se non addirittura limitanti.
Tutte conferme quindi di una felice convergenza tra le innovazioni tecniche da molti di noi faticosamente introdotte in vigna e la direzione che il mondo accademico e della ricerca ha preso negli ultimi anni.
Ci viene da dire che era ora e lo diciamo veramente con soddisfazione e in un senso del tutto positivo per il nostro settore vitivinicolo.