Proponiamo qui un nostro articolo apparso su Millevigne, una riflessione ad ampio raggio sui vari livelli di competenze agronomiche che sono necessarie per una corretta modulazione o messa a punto dell’agro-ecosistema vigneto.
Seguendo la nostra profonda convinzione che le etichette in campo agricolo servono a dividere, da tempo cerchiamo di riportare fiducia ed affidamento verso le diverse declinazioni della viticoltura che non siano semplicemente “bio-qualcosa”, ma aspetti particolari di un sapere molto più ampio ed articolato.
Ambiti di competenze agronomiche per le attività di “fine-tuning” viticolo
Nel rispetto dell’attuale tendenza ad una visione olistica della viticoltura riteniamo che sia possibile individuare quattro livelli di competenze agronomiche variamente declinabili per la coltivazione del vigneto.
Nella realtà questi vari livelli sono tutti strettamente correlati ed interagenti quindi la loro interazione presuppone una fine attività di messa a punto (fine-tuning) da parte del tecnico di campo che desideri realizzare una viticoltura che oltre ad essere olistica sia anche eco-sostenibile, orientata agli obiettivi enologici ed economicamente sostenibile nel lungo periodo.
Tutte le attività afferenti alla modulazione o regolazione fine sono di fatto attività di coltivazione, intese come applicazioni a vari livelli del saper fare agricolo.
Possiamo quindi distinguere quattro livelli di competenze all’interno delle quali l’attività agronomica può svolgere la sua funzione di “fine-tuning” viticolo:
1 – il primo livello di competenze riguarda la coltivazione della vite propriamente detta, quindi tutti gli aspetti nutrizionali, fitoiatrici, metabolici, chirurgici (potatura e gestione della palizzata verde) ecc., un ambito che ha rappresentato finora il principale quando non l’esclusivo focus del tecnico di vigna;
2 – un secondo livello di competenze riguarda la coltivazione della biodiversità vegetale, quella che potremmo chiamare “green-partnership” del vigneto: cover-crop, siepi ed altre piante arbustive ed arboree, boschi compresi, intendendo con ciò tutte le essenze vegetali che oltre alla vite si possono coltivare nell’area del vigneto e in prossimità ad esso, a beneficio del suolo e della biodiversità in generale;
3 – un terzo livello di competenze riguarda la coltivazione della biodiversità animale, quella che potremmo chiamare “animal-partnership” del vigneto, essenzialmente riconducibile all’allevamento della fauna utile (entomofauna e mesofauna del suolo);
4 – infine un quarto importante livello di competenze riguarda la coltivazione della biodiversità microbiologica, quella che potremmo chiamare “microbiological-partnership” del vigneto, essenzialmente riconducibile alla coltivazione del microbiota del suolo e in particolare di quello più propriamente attinente alla rizosfera.
Declinando opportunamente i quattro livelli di competenze agronomiche siamo convinti che si riesca ad includere tutte le varie tipologie esistenti della viticoltura. In questo senso, quella descritta è una visione inclusiva piuttosto che esclusiva e di fatto riteniamo che per questa ragione sia maggiormente rispondente al bagaglio tecnico e culturale del moderno “agronomo di vigna”.
La sfida tecnica inerente la modulazione fine della complessità ambientale deve essere intesa anche come una grande opportunità per i viticoltori delle piccole e grandi DOC o DOCG che possono così riappropriarsi del valore aggiunto legato alle caratteristiche ambientali ed antropologiche peculiari dei grandi terroir vitivinicoli.
Gli agronomi possono aiutare sempre meglio i viticoltori a coltivare l’ambiente per produrre uve di territorio, leggendo il “libro del vigneto” nel corso della loro attività quotidiana.
Articolo apparso su Millevigne n.4/2015 https://millevigne.it/